Rosolia

La Rosolia, conosciuta sin dall’antichità, e spesso confusa con altre malattie esantematiche, venne individuata come entità specifica da due medici tedeschi (Bergen, 1772 e Orlow, 1758). Per il grande interesse dei medici tedeschi nel XVIII e XIX secolo, viene anche chiamata “morbillo tedesco”. Il nome ROSOLIA fu attribuito da un medico Scozzese, Veale, nel 1866.

Nel 1941, l’oftalmologo australiano Gregg descrisse difetti congeniti in bambini nati da donne che avevano contratto la Rosolia nel 1° trimestre di gravidanza. Successivamente, fu definita la sindrome malformativa congenita da Rosolia (cuore, occhio, orecchio).

Come morbillo, varicella, pertosse e parotite, la rosolia è una malattia più comune nell’età infantile e si trasmette solo nell’uomo. Esternamente, si manifesta con un’eruzione cutanea simile a quelle del morbillo o della scarlattina. Di solito benigna per i bambini, diventa pericolosa durante la gravidanza perché può portare gravi conseguenze al feto.

Il virus è diffuso attraverso le secrezioni respiratorie e viene acquisito durante la fanciullezza. Il virus diffonde prima della comparsa o in assenza di sintomi e i luoghi affollati quali asili nido possono favorire il contagio. Circa il 20% delle donne in età fertile, non infettato durante l’infanzia e privo di vaccinazione, è suscettibile all’infezione. Prima dell’utilizzo del vaccino per la rosolia erano riportati casi di infezioni nei bambini in età scolare ogni primavera e grosse epidemie si verificavano a intervalli regolari ogni 6‑9 anni.

In epoca pre-vaccino la rosolia, che mostrava un modello di trasmissione simile a quello del morbillo, costituiva una malattia infantile, con la più alta incidenza nella fascia di età 4-9 anni. L’immunizzazione di routine ha drammaticamente cambiato l’epidemiologia della rosolia in Europa. Il vaccino è altamente efficace, con tassi di sieroconversione di 95-100% e l’immunità indotta è permanente nella maggior parte dei destinatari. La rosolia è una malattia soggetta a denuncia e i dati di sorveglianza europei indicano che l’incidenza complessiva di rosolia è scesa da circa il 35 per 100 000 nel 2000 a

Nei 27 paesi UE/SEE sono stati segnalati 38 847 casi di rosolia nel 2013 con la Polonia che ha rappresentato il 99% di tutti i casi segnalati. Nel 2012, la Romania ha avuto il maggior numero di casi di rosolia in Europa. L’Italia ha avuto una grande epidemia di rosolia nel 2008. In 14 paesi, il tasso di notifica rosolia era il tasso di meno di un caso per milione di abitanti.

Se contratta in gravidanza la rosolia presenta alti rischi per il feto, soprattutto se la madre contrae la malattia nel primo trimestre della gravidanza quando l’infezione può generare un aborto spontaneo, morte intra-uterina o gravi malformazioni fetali. Le più comuni e gravi manifestazioni della sindrome della rosolia congenita sono i difetti della vista, la sordità, le malformazioni cardiache e il ritardo mentale nel neonato. Dall’introduzione del vaccino, l’incidenza della rosolia e della rosolia congenita è pari ora rispettivamente a meno di 1 e 0,1 casi su 100 000 donne gravide.

La rosolia diffonde tramite le goccioline respiratorie diffuse nell’aria dal malato o il contatto diretto con le secrezioni nasofaringee. La malattia, che ha una incubazione di 2-3 settimane prima della comparsa dei sintomi, è contagiosa nella settimana che precede l’apparizione dell’eruzione cutanea e per i 4 giorni successivi. Diversa è la situazione di un neonato colpito da infezione durante la gravidanza, e quindi affetto da sindrome congenita. In questo caso, infatti, il virus viene messo in circolazione per lunghi periodi di tempo, non per i 7-10 giorni caratteristici della malattia acquisita dopo la nascita. Il periodo di contagio quindi può durare anche mesi o addirittura più di un anno, con una potenzialità infettiva molto elevata che richiede l’isolamento, sia durante il ricovero nella nursery che al ritorno a casa.

I sintomi più comuni della rosolia sono lievi ed evidenti per un periodo di 5-10 giorni, anche se in un alto numero di casi (dal 20 al 50%, secondo dati dei CDC americani) possono non manifestarsi affatto. Durante i primi cinque giorni di decorso, i sintomi principali possono includere:

eruzione cutanea consistente in piccole macchie rosa che compaiono prima dietro le orecchie, poi sulla fronte e su tutto il corpo e durano 2-3 giorni;
febbre lieve e mal di testa;
leggeri gonfiori dei linfonodi alla base della nuca, sul retro del collo e dietro le orecchie;
dolori articolari;
diminuzione del numero di globuli bianchi nel sangue;
occhi arrossati e lacrimosi.

Raramente la malattia comporta complicazioni anche se, come per le altre malattie infantili, il rischio di encefaliti è più alto se il paziente è un adulto. La diagnosi viene effettuata ricercando anticorpi specifici del virus nel siero tramite analisi del sangue o l’acido nucleico del virus nei fluidi corporei.

Al momento non esiste una terapia specifica della rosolia, a parte l’uso di paracetamolo per abbassare la febbre. L’arma migliore contro la malattia è la vaccinazione preventiva, con il vaccino vivo attenuato, con un’efficacia > 95% e che garantisce immunità a vita. Non si tratta di una vaccinazione obbligatoria, ma altamente consigliata, e gratuita, sia per tutti i bambini che per le ragazze non immunizzate dopo la pubertà e per tutti gli operatori che svolgono mansioni a contatto con bambini e/o con donne in età riproduttiva. Per i nuovi nati, si consiglia una prima dose verso i 12-15 mesi di età, e un richiamo verso i 5-6 anni. Fino al 1999, in Italia veniva eseguita solo la vaccinazione sulle bambine in età pre-puberale, verso i 12-13 anni.
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